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Epilessia e maternità, il coraggio di Alice: «La voglia di diventare mamma ha superato ogni paura»

Il desiderio di diventare mamma che sconfigge la paura. Quando scopri di essere affetto da epilessia tutto cambia, e anche la soddisfazione di raggiungere traguardi personali può sembrare difficile da ottenere. Ma Alice Benvegnù ora è una ragazza felice, insieme al suo compagno Niccolò e a Davide, il suo bimbo di quasi due anni, vivace e perfettamente sano. 27 anni, di Piove di Sacco, Alice ha voluto con tutte le sue forze affrontare la gravidanza e, con il supporto della famiglia e dei medici, ha scoperto che questo percorso può essere affrontato con serenità e riducendo i rischi al minimo. «È normale che ci sia la paura, ma ne vale la pena!». Una vittoria per lei, un messaggio positivo per tutte le ragazze e le donne affette da epilessia.

Alice, cominciamo dall’inizio.
Hai avuto a che fare con le prime crisi sin da piccola.

Avevo 4 anni quando la malattia si è manifestata per la prima volta. Stavo giocando al parco, sono caduta e lì è partita la prima crisi convulsiva. I miei genitori mi hanno portato al pronto soccorso ma i medici non mi hanno sottoposta ad esami specifici, neppure un EEG. Da allora ho avuto altre crisi in età infantile, sempre quando cadevo o casualmente prendevo una botta. I dottori all’inizio pensavano semplicemente che avessi una soglia del dolore bassa. Mi hanno fatto fare anche visite psichiatriche, perché pensavano che la causa fosse psicologica. Ma io sapevo che non era così.

È passato molto tempo prima di avere una diagnosi precisa.

Da allora un lungo percorso, fatto di tante difficoltà e delusioni, che mi hanno portata a veder diagnosticata la malattia solo molto tempo dopo. Nel 2012 praticavo il nuoto, ed ero pronta a farlo anche a livello agonistico. Dopo una lezione per diventare istruttrice ho avuto una forte crisi e sono stata ricoverata per 3 settimane. Dopo esami specifici questa volta, a 19 anni, mi è stata fatta la diagnosi di epilessia. Il primo farmaco che assumevo mi aveva placato le crisi convulsive, ne avevo due o tre al mese, soprattutto per una breve fase particolarmente stressante della mia vita, ma erano comparse delle crisi non caratterizzate, quasi ogni sera per alcuni minuti mi capitava di estraniarmi. Una cosa che mi sono sempre vergognata di raccontare al di fuori della famiglia e degli amici più stretti. Inoltre il farmaco mi creava degli effetti collaterali: mi rallentava, facevo fatica a parlare, mi addormentavo in giro. Le mie amiche andavano in discoteca e io non potevo, alcune capivano la mia situazione, altre meno. È stata dura da accettare. Poi, grazie all’aiuto dei medici, finalmente si è riusciti a trovare una terapia adatta. Dopo aver visto diversi neurologi, si è deciso di darmi il Keppra (Levetiracetam), un farmaco che mi ha stabilizzato quasi del tutto e che riduceva al minimo gli effetti collaterali.

A questo punto la tua vita prende una svolta.

Sì, io e Niccolò siamo andati a convivere e abbiamo cominciato a parlare dell’ipotesi di avere un figlio. L’argomento sembrava quasi un tabù, ma per quanto mi riguardava la voglia di diventare mamma superava le paure. Nel 2017 sono rimasta incinta. Sono stata presa in carico da un team di 4 dottoresse che seguono le gravidanze a rischio all’Ospedale di Padova. Tutte molto brave e cordiali: ogni mese mi visitavano, facevo ecografie, e inizialmente controllavo il dosaggio del farmaco ogni mese. A quel punto il team mi ha fatto prendere appuntamento con la dottoressa Concetta Luisi, neurologa e ricercatrice della Clinica Neurologica dell’Università di Padova, che tutt’ora mi segue.

Dubbi e perplessità non sono mancati. Come si affronta questa scelta?

Tante donne nella mia condizione decidono di non avere figli perché preferiscono non assumersi i rischi. I dubbi c’erano, ne abbiamo parlato molto in famiglia, non è stato facile ma abbiamo deciso di andare avanti lo stesso. Ero stata messa in guardia: «Non possiamo garantirti che il bambino nasca sano al 100%». Anche i test genetici, come il Dna fetale, non potevano dare certezze. Il rischio principale era che potesse nascere con difetti cardiaci o malformazioni del feto, problemi che avrebbero dovuto richiedere interventi chirurgici dopo la nascita. Questo può accadere soprattutto con alcuni tipi di farmaci più vecchi. Ma, anche se io non ho mai potuto togliere il Keppra, sono stata tranquillizzata dalla dottoressa sul fatto che fosse compatibile con la gravidanza.

Raccontaci il periodo della gravidanza.

Inizialmente andava tutto bene, tanto che sono riuscita a lavorare fino al sesto mese. Per alcuni giorni, poi, non mi sentivo bene, ero debole, avevo capogiri e forti mal di testa, che nella mia condizione non sono mai una bella avvisaglia. E così, nella sala d’aspetto del medico di base, un giorno ho avuto una forte crisi. Mi sono svegliata in ospedale: purtroppo il dosaggio del farmaco era calato molto. In quel momento sono tornate le paure: la neurologa mi aveva detto che sarebbe potuto succedere, ma non così presto. Da lì si è deciso di controllare il dosaggio ogni settimana e di aumentarlo. Su questo aspetto bisognava essere molto attenti, perché in gravidanza il metabolismo cambia. A parte questo singolo episodio, però, è proseguito tutto bene. Non ho dovuto passare le giornate chiusa in casa o a letto, anzi, uscivo e camminavo spesso. Al sesto mese la morfologica ha confermato che il bambino stava bene, era sano, solo un po’ più piccolo per la media del periodo gestazionale.

Poi l’arrivo di Davide, con un parto naturale.
Un grande gioia per te e per il tuo compagno.

Sì, la dottoressa Luisi mi aveva tranquillizzata sul fatto che avrei potuto partorire naturalmente, perché la mia paura era che si dovesse ricorrere al cesareo. Ma per fortuna così non è stato. Davide è arrivato dopo ben 26 ore di travaglio! Stava bene, pesava 2,9 Kg ma era perfetto. L’ansia di quei nove mesi è sparita e devo dire di essere stata orgogliosa di me stessa. Non tutte le ragazze pensano di poter prendersi il rischio di farlo, ma io vorrei incoraggiarle. L’importante è essere seguite adeguatamente dai medici e supportate dalla famiglia. In questo modo si può avere una gravidanza quasi del tutto normale, come la mia.

E dopo il parto? Come sono andati questi ultimi due anni?

Subito dopo il parto il tuo metabolismo cambia ancora e anche il dosaggio di farmaco deve essere adeguato. Dopo essere stata dimessa Davide aveva una gran fame e voleva essere allattato spesso. Per un certo periodo non sono riuscita a riposare bene e questo mi ha causato una piccola crisi. Non è stata grave, ma è stato un campanello d’allarme. Ho pensato che non dovevo “strafare”, perché per me era importante non sovraccaricarmi e riposare bene. Da allora ho deciso di utilizzare il latte artificiale. Ma a parte questo Davide sta benissimo, è sveglissimo e ha iniziato a camminare a 11 mesi.

Ora che è andato tutto per il meglio sei pronta ad affrontare nuove sfide anche dal punto di vista lavorativo.

Sì. Ho sempre lavorato, nell’azienda di proprietà della famiglia di una mia amica che conosceva il mio problema. Per motivi economici la ditta ha dovuto licenziarmi. Ma ho preso questa cosa come un’occasione per ripartire, ho deciso di rimettermi in gioco e iscrivermi ad un corso di visual merchandiser. Mi manca ancora poco per finirlo e poi potrò dedicarmi ad una carriera che sento più vicina alle mie corde.

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Insieme per l'epilessia è un progetto dell'Associazione Uniti per Cresce e Aice Padova